IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale n. 3016/1990 r.g. pretura Clusone. All'odierna udienza, relativa alla convalida dell'arresto operato in data 7 marzo 1990 ad ore 20 nei confronti di Bondioli Flavio, perche' colto nella flagranza del delitto di cui agli artt. 624 e 625, nn. 1 e 2, del c.p., interveniva l'ufficiale di polizia giudiziaria brig. Dell'Angelo Giuseppe, cc. Clusone, il quale, in forza di delega nominativa scritta ricevuta dal procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Bergamo in data 7 marzo 1990, era stato chiamato a svolgere, in udienza, funzioni corrispondenti a quelle del magistrato del pubblico ministero dinnanzi a questo ufficio. O S S E R V A Non sembrano necessari speciali argomenti per dimostrare che, al fine di radicare il presente giudizio di convalida, e' sufficiente la conduzione dell'arrestato avanti al pretore da parte dell'ufficiale di p.g. che ha operato l'arresto ovvero che lo presenta (art. 566, primo comma, del c.p.p. 1988), e che, pero', per la prosecuzione del medesimo giudizio di convalida, sia indefettibile la presenza del pubblico ministero, con il risultato che, in mancanza di tale soggetto del precedimento, questo non possa utilmente aver luogo. Proprio percio', nel caso presente, non puo' farsi luogo alla convalida, in quanto il giudizio deve essere sospeso. Infatti, d'ufficio viene ritenuta rilevante ai fini del decidere e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale delle norme di che appresso, le quali consentono lo svolgimento delle funzioni requirenti, in luogo che da parte di magistrati, professionali od onorari, da parte di una ibrida figura di delegato, militare, ufficiale di polizia giudiziaria. La rilevanza della questione puo' dirsi autoevidente: se una fase processuale si svolge senza l'intervento, nelle forme e nei modi previsti dalla Costituzione, degli organi giurisdizionali, in realta' essa non e' incardinata, e quindi non puo' legittimamente compiersi. Del resto, la mancata partecipazione al procedimento del legittimo pubblico ministero, comporterebbe la nullita' comminata dall'art. 178, lett. b, del c.p.p. 1988, dal che si desume la rilevanza della questione che si passa ad esporre. L'art. 72 dell'ordinamento giudiziario, approvato con r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dell'art. 22 delle norme di adeguamento al nuovo codice di procedura penale, approvate con il d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, prevede invero che le funzioni requirenti per le udienze dibattimentali, oltre che ad un uditore giudiziario ovvero ad un vice procuratore onorario, possano essere delegate pure ad un ufficiale di polizia giudiziaria nominativamente designato dal procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale. In questa sede non pare il caso di soffermarsi sull'ulteriore modifica dell'art. 72 dell'ordinamento giudiziario, apportata dal d.lgs. 2 febbraio 1990, n. 15, se non per osservare che, sulla scorta di una (prima) interpretazione, puo' ritenersi che essa non escluda la delegabilita' delle funzioni di pubblico ministero ad un ufficiale di polizia giudiziaria anche per la fase di convalida dell'arresto, purche' contestuale al (sia pure eventuale) giudizio di merito, ai sensi dell'art. 162, secondo comma, delle disp. att. del c.p.p. (d.lgs. n. 271/1989); oltre che per osservare che, comunque, lo stesso legislatore ha inteso circoscrivere la delegabilita' di funzioni requirenti in favore degli ufficiali di p.g. ad udienze, per reati di competenza pretorile, diverse da quelle tenute dal giudice per le indagini preliminari ai fini della convalida del fermo o, a determinate condizioni, dell'arresto. Preme insomma sottolineare la contraddizione di un legislatore il quale, pur individuando nel dibattimento dell'attuale rito il momento centrale, e per cio' stesso il piu' delicato ed il piu' importante, del nuovo processo penale, ha tuttavia opinato che, per tale fase, l'Ufficiale di p.g. potesse avere adeguata competenza e qualificazione tecnico-professionale, che, invece, non gli sarebbe sufficiente per fasi meno delicate ed importanti, quali quelle dei giudizi di convalida avanti al giudice per le indagini preliminari. Pur trattandosi di scelta discrezionale del legislatore, non puo' mancare di rafforzare il dubbio di irragionevolezza, oltre che di illegittimita' costituzionale, dell'intero sistema della delegabilita' (istituto anomalo, con tutta evidenza extra ordinem, e per conseguenza ibrido nella sua stessa definizione lessicale) delle funzioni giurisdizionali requirenti. Per meglio spiegare il proprio dubbio, questo pretore ritiene di dover svolgere alcune brevi considerazioni preliminari sul complessivo sistema scolpito, con grande efficacia ed univocita', dalla Costituzione per i magistrati del pubblico ministero. Intanto, il quadro di garanzie di indipendenza ed autonomia risulta tracciato, rispettivamente, per tutti i singoli magistrati e per l'ordine giudiziario nella sua interezza. Si tratta di un nucleo di garanzie indivisibili (oltre che all'autonomia e alla indipendenza, enuciate nell'art. 104, primo comma, si pensi alla inamovibilita' stabilita dall'art. 107, primo comma, per tutti i magistrati, e dunque anche per quelli del pubblico ministero), non riferibili dunque ai soli magistrati giudicanti. E' pur vero che l'art. 101, secondo comma, per dire che solo i giudici (e non anche i magistrati del pubblico ministero) sono soggetti soltanto alla legge: in proposito si deve pero' ricordare, da un lato, che l'Assemblea costituente aveva approvato definitivamente il testo del comma in questione nella forma "I magistrati sono soggetti soltanto alla legge", e pertanto fu inspiegabile (e diffusamente criticata) la sua variazione, nell'attuale testo, operata dal Comitato di redazione (cui competevano solo compiti di coordinamento e di adeguamento stilistico); e dall'altro lato che, comunque, il cennato impianto di garanzie e' unitario sicche' l'indipendenza del pubblico ministero, ed il suo eventuale soggiogamento al potere esecutivo, sarebbero attuabili solo merce' la revisione di molte disposizioni della Grundnorme. Altrettanto pacifica, inoltre, deve ritenersi la natura giurisdizionale delle funzioni esercitate dal pubblico ministero. In particolare, considerato che la giurisdizione e' l'attivita' attuativa della legge, e considerato inoltre che, nel diritto penale, la legge si attua con l'esercizio della azione, per il quale e' esclusivamente competente il pubblico ministero, solo a prezzo di tortuosi bizantinismi si potrebbe negare il carattere giurisdizionale dell'attivita' esplicata da tale organo, cui viene quindi pacificamente riconosciuto il carattere di giurisdizionalita' (assai migliore approfondimento delle questioni ha dato, per tutte, Corte costituzionale n. 52/1976). Conseguenza ineludibile di tali premesse e' che chi esercita tali funzioni giurisdizionali requirenti, per fatto stesso di esplicarle, e', e non puo' essere altro che, un magistrato, a tenore dell'art. 102, primo comma, della Costituzione. Tale osservazione esime dall'ulteriormente motivare sul dissenso di questo giudice rispetto all'opinione, manifestata da taluno, secondo la quale gli Ufficiali di PG delegati non sarebbero magistrati (dal che vien fatta discendere, ad esempio, l'ulteriore ed aberrante conseguenza che i delegati u.p.g., che siano anche militari, siano esonerati dall'obbligo di indossare la toga nelle pubbliche udienze - come invece previsto dall'art. 156 e segg. del r.d. 14 dicembre 1865, n. 2641, regolamento generale giudiziario per l'esecuzione del c.p.c., del c.p.p. e della legge sull'ordinamento giudiziario - e che essi debbano o comunque possano, invece, indossare l'uniforme di competenza). D'altro canto, la citata sentenza n. 52/1976 della Corte costituzionale ha ampiamente chiarito che non possono, in riferimento alla Costituzione, legittimamente prospettarsi ipotesi legislative di attribuzione di funzioni requirenti con meccanismi differenziati da quelli previsti per gli altri magistrati, con la pretestuosa giustificazione della differenza di funzioni fra i magistrati requirenti e quelli giudicanti, ma sul punto si tornera' piu' oltre. Va, ancora, premesso che l'esercizio della giurisdizione penale si ricollega all'interesse per la realizzazione della giustizia che, "fra l'altro, vale ad assicurare l'esercizio di tutte le liberta', ed e' anch'esso garantito, in via primaria, dalla Costituzione" (Corte costituzionale 28 novembre 1968, n. 114), e che il diritto di difesa di cui all'art. 24 della Costituzione, oltre che trovar limite nelle esigenze costituzionalmente rilevanti di tutela della incolumita' e della sicurezza pubblica (su cui, ad es., Corte costituzionale 6 maggio 1976, n. 110), deve essere riconosciuto anche allo Stato, ove questo si configuri quale soggetto-parte del processo (e dove mai, meglio e piu' che nell'atuale struttura competitiva - anziche' cognitiva - del processo penale, lo Stato, rappresentato nella sua pretesa punitiva o, piu' correttamente, nella sua pretesa di legalita' dal p.m., assumerebbe a pieno titolo il ruolo di parte?). Ultima premessa necessaria e' quella relativa al concorso come modalita' ordinaria e generale di accesso alla magistratura, e ai limiti stabiliti dalla Costituzione per altre forme di accesso all'esercizio di funzioni giurisdizionali. Ora, trascurando la figura dei giudici popolari, ai quali non si crede di poter seriamente comparare e ricondurre il delegato ufficiale di p.g., l'art. 106 della Costituzione prevede che magistrati non professionali, ossia magistrati onorari (aggettivo idoneo a connotare tutti i soggetti esercenti giurisdizione, diversi dai magistrati professionali ovvero di carriera), possano essere nominati, anche in forma elettiva, per esercitare tutte le funzioni attribuite a giudici singoli. Da tale norma discendono due ordini di considerazioni: il primo, consiste nell'affermazione della necessita' del concorso, sia come strumento per garantire l'accesso all'ufficio da parte di chiuque, sia quale idoneo strumento per l'accertamento della idoneita' e della qualifizazione tecnico-professionale indispensabili (seppur non sufficienti) per l'esercizio della giurisdizione; il secondo, che i magistrati non professionali possono essere chiamati a svolgere solo funzioni giudicanti monocratiche, sul principale presupposto di fatto che, all'epoca, diversamente che dal tempo presente, tali funzioni giudicanti riguardavano la giustizia cosiddetta minore. Ad colorandum, in fatto non puo' mancarsi di osservare, anzitutto, che, mentre l'accertamento del possesso, in capo ai soggetti delegabili alle funzioni requirenti, di determinati e specifici requisiti di competenza tecnica processualpenalistica, oltre che di diritto penale sostanziale, risulta implicito sia per il caso dell'uditore giudiziario, il quale ha superato il relativo concorso statuale, sia per il caso del vice procuratore onorario (alla cui nomina, operata dal Consiglio superiore della magistratura, possono aspirare solo determinate categorie di soggetti, i quali dispongano di peculiari requisiti), nel caso dell'ufficiale di polizia giudiziaria tale preventiva verifica della idoneita' tecnica non e' prevista, ne', ad esempio, viene prescritto che egli abbia conseguito il diploma di laurea, requisito minimale di qualificazione tecnico-professionale. Dal punto di vista pratico, la situazione importa un grave pregiudizio delle ragioni della collettivita'; come e' ormai noto e reso palese a distanza di pochi mesi dalla sua entrata in vigore, il nuovo codice, colla sua rigida impostazione strutturale di ruoli e parti dialogicamente contrapposte, tra i caratteri del processo penale ha notevolmente accentuato, piuttosto che le componenti di accertamento della verita', quelle competitive, di agonismo fra le parti. Tale situazione, nella quale il giudice e' sostanzialmente vincolato dal principio dispositivo e dai limiti del petitum del pubblico ministero, esige una approfondita preparazione tecnica delle parti, sicche', la elevata, ma pur comprensibilmente diversa, professionalita' dei soggetti che hanno sin qui svolto solo funzioni di polizia giudiziaria (ai quali, seppure non sia disconoscibile una adeguata preparazione sul diritto sostanziale, non puo' nondimeno riconoscersi altrettanto adeguata preparazione processualpenalistica) rispetto agli altri soggetti delegabili, non puo' non suscitare, almeno in fatto, fortissime perplessita', a meno di voler ammettere (cosa inammissibile) che, in tali ipotesi, vien fatto ancora carico al giudicante di prender le parti anche del pubblico ministero. Quel che qui piu' importa, peraltro, e' che, dal punto di vista della stretta legittimita', la delegabilita', normativamente prevista, delle funzioni requirenti, desta serissimi dubbi di conformita' al precetto costituzionale. Infatti, come innanzi ricordato, l'art. 102 della Costituzione prevede che le funzioni giurisdizionali siano esercitate da magistrati. La norma costituzionale, insomma, non limita l'esercitabilita' di funzioni da parte di magistrati alle sole funzioni giudicanti, ma impone che tutte le funzioni giurisdizionali, e dunque anche quelle requirenti, siano svolte da magistrati. Ne segue, a parere dello scrivente, che chi puo' esercitare le funzioni giurisdizionali, a tenore della Costituzione, possono essere solo i magistrati e, simmetricamente, che l'esercizio di funzioni giurisdizionali importa l'attribuzione della qualifica di magistrato al soggetto che le esplichi. D'altro canto, l'art. 106 della Costituzione, prevede che la nomina dei magistrati abbia luogo solo per concorso, e che la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari, possa aver luogo soltanto ed unicamente per le funzioni attribuite a giudici singoli. In ultimo, l'art. 112 della Costituzione afferma che il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale. Ebbene, ritiene il giudicante che il sistema normativo come sopra delineato rispetto alla delegabilita' delle funzioni del pubblico ministero, in confronto degli ufficiali di polizia giudiziaria, cosi' come stabilito attualmente dall'art. 72 della legge 30 gennaio 1941, n. 12 e succ. mod., e dall'art. 162 del d.lgs. n. 271/1989 (disp. att. del c.p.p. 1988) (la questione, sollevata qui solo con riferimento agli ufficiali di p.g. perche' solo in tale limite rilevante nel presente procedimento, potrebbe per altro essere analogamente di non manifesta infondatezza anche per quanto riguarda i vice procuratori onorari), appaia in contrasto con i parametri costituzionali identificabili negli articoli sopra richiamati, ossia negli artt. 102, 106 e 112 della Costituzione. Infatti, lo svolgimento di funzioni magistratuali requirenti da parte di Ufficiali di pg nell'ambito di processi penali, ove si ritenga che tali soggetti non siano equiparati, nonostante le funzioni suddette, a magistrati (sia pure onorari), viola l'art. 102 (poiche' consente che alcune funzioni giurisdizionali siano svolte da soggetti che non sono magistrati) nonche' l'art. 112, che prevede l'obbligo per il pubblico ministero di esercitare (e dunque non soltanto di iniziare o promuovere, ma anche di coltivare) l'azione penale (il che significa che l'azione penale non e' validamente esercitata se non e' esercitata dal pubblico ministero). Per il caso, assai piu' verosimile, in cui si ritenga che il legislatore ordinario, merce' le norme denunciate, abbia inteso render possibile il conferimento, a tali ufficiali di p.g., di funzioni magistratuali, deve ritenersi che esse norme violino l'art. 106 della Costituzione, in quanto attribuiscono a magistrati (onorari o, in ogni caso, non di carriera) funzioni giurisdizionali diverse da quelle esercitate da giudici singoli. Nella fattispecie, poi, ci si trova di fronte ad un militare di carriera, inserito in una struttura che si caratterizza per la forte gerarchia e la sottordinazione del meno elevato in grado in rapporto al militare sovraordinato. Cio', tenuto conto, fra l'altro, della indipendenza, rispetto al procuratore della Repubblica, del p.m. di udienza sancita dall'art. 53 del c.p.p. 1988, non puo' non ingenerare gravi dubbi quanto alla legittimita' costituzionale di siffatta scelta che, se da un lato svincola l'ufficiale di p.g. delegato p.m. dal magistrato di carriera che dirige la procura, dall'altro non vale certo ad eliminare la soggezione del medesimo UPG rispetto ai suoi superiori gerarchici, con tutto il pregiudizio possibile per l'irrinunciabile indipendenza che deve contraddistinguere ogni magistrato, compresi quelli onorari; e con buona pace dei piu' lucidi intelletti che da tempo vanno mettendo in guardia contro il pericolo di compromissione del principio di legalita' nell'esercizio dell'azione penale ove mai il pubblico ministero venisse posto alle dipendenze gerarchiche del potere esecutivo. In questa fase, unico potere legittimamente esercitabile dal giudicante, dopo la prospettazione della questione di legittimita' costituzionale, e' quello di sospendere il processo. Infatti, mancando la regolare instaurazione del giudizio di convalida dopo la conduzione dell'arrestato avanti al pretore, il pretore stesso non puo' legittimamente pronunciare alcun provvedimento, ne' in ordine alla convalida dell'arresto, ne' in ordine al mantenimento o revoca dello stato detentivo del prevenuto, sicche' del fatto va data immediata notizia al Pubblico ministero presso la pretura, perche' adotti i provvedimenti di sua competenza in ordine alla liberta' personale dell'arrestato nelle more del giudizio di legittimita' costituzionale. Gli atti vanno percio' trasmessi alla Corte costituzionale per la relativa decisione; il presente processo deve essere sospeso; a cura della cancelleria vanno inoltrate le prescritte comunicazioni.